Ufficio visti
La rivista National Geographic ha dedicato il suo numero di gennaio al gender e lo ha fatto cin un piglio avvincente sotto il profilo delle immagini.
Una delle parti che mi ha colpito è il progetto “Pink and Blue Project” del’artista coreana Jeong Mee Yon, una singolare denuncia dell’influenza che la cultura popolare determina su bambini e genitori utilizzando come parametro l’uso del colore (blu o rosa per la distinzione di genere).
Mi è venuta voglia di saperne qualcosa in più e così ho fatto qualche domanda via mail a Jeong Mee Yon.
I colori blu e rosa sono simbolicamente ed esteticamente perfetti per dare un’immagine netta della distinzione di genere. Se non si fosse concentrata sui colori, quali altri elementi avrebbe indicato come segni visibili del gender? Cos’altro, relativo a questa distinzione, viene appreso inconsciamente?
Se non ci fosse stato il colore, penso mi sarei concentrata sui contenuti. Per le ragazze, il trucco è molto importante e anche argomenti come la cura dei bambini e per i ragazzi, robot, supereroi, ecc..
Secondo lei, quale impatto hanno avuto le nuove tecnologie (che di fatto hanno portato o bambini a usare meno oggetti, visto che gli strumenti digitali sostituiscono e cumulano molti degli oggetti fisici), sulle differenze di genere nell’infanzia? Le hanno attenuate e uniformate, o invece rinforzate in altro modo?
È difficile da dire, perché io non sono un esperto e non ho mai letto le statistiche. Tuttavia, so che al giorno d’oggi la maggior parte dei bambini trascorre meno tempo a giocare con i giocattoli reali a causa dei computer, dei telefoni intelligenti e dei giochi virtuali. Ma le differenze di genere su Internet e nel mondo reale sono le stesse. Lo smartphone e i dispositivi informatici permettono di conoscere i pensieri altrui in modo più rapido, e la comunicazione stia accelerando, ma la disinformazione e le informazioni di parte possano essere iniettati e comunicate rapidamente. Per fortuna, la società nel suo complesso sta riducendo le differenze di genere.
Dal suo studio risulta che intorno agli otto anni i bambini cominciano ad avere anche altri colori di riferimento: poi che cosa succede? Da quel momento l’impatto della cultura popolare diminuisce? Hanno completato il loro processo di socializzazione? Si affidano invece ad altri simboli?
La maggior parte delle ragazze, tra cui mia figlia, tendono ad essere attratte dal rosa dall’età di 5-8, e quando entrano in prima elementare, nella seconda o nella terza, pensano che il rosa sia infantile, viola, e il cielo blu, l’ossessione di un particolare colore scompare, e tendono ad amare diversi colori.
Le identità di genere, fino a poco fa definite socialmente in modo molto rigido e binario, si stanno moltiplicando secondo una gradazione molto ampia: significa che le persone si stanno finalmente appropriando ognuna della sua reale identità oppure che stiamo creando altre nuove identità sociali etichettarsi?
Credo davvero che le persone si stiano finalmente appropriando della loro vera identità
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