A volte c’è il rischio che raccontando una mostra si faccia torto all’artista, e sarebbe meglio limitarsi a dire: fidatevi, e andate a vederla. Nalini Malani è presente al Castello di Rivoli per la sua prima retrospettiva, allestita dal museo piemontese insieme al Centre Pompidou con un bizzarro metodo che ha scelto di dividerla in due parti che selezionano opere diverse (la prima appunto a Parigi il Natale scorso).
Lei è probabilmente la più significativa artista indiana contemporanea e possiede una padronanza assoluta dei simboli di duemila anni e di decine di culture: la fa esplodere in un’arte multiforme che è violentemente fisica, creando un equilibrio tutto visivo (per questo dicevo che nessun resoconto può onorarlo a sufficienza) sospeso tra l’ipnosi archetipica del mito e la materialità brutale dei colori e delle forme. Il sangue è cromaticamente presente, in richiamo della violenza e della rigenerazione ma non è mai respingente: è un’arte che maternamente accoglie, anche quando turba. Il mito prediletto, programmaticamente femminile, è quello di Cassandra, quasi un filo conduttore nel suo modello di donna che non viene ascoltata e che pure porta con sé la verità.
Tutte le opere sono monumentali: c’è un gioco d’ombre realizzato da 32 cilindri dipinti al rovescio che ruotano in mezzo a fili elettrici e lampadine colorate; c’è una sala con cinque video in contemporanea che mandano spezzoni d’archivio di due eventi drammatici della storia dell’India, uno del 1946 e l’altro 2002, focalizzati sulle vittime femminili e accompagnati da un sonoro secco e rabbrividente; ci sono 42 pannelli, ciascuno ipernarrativizzato, che fondono la forma dei corpi con quella dei cervelli e nei quali, come in tutte le figurazioni della Malani, la proporzione della figure segue un criterio politico o uno simbolico. Ma ci credete che ne viene fuori un effetto realistico? L’emotività, e anche certi tratti del disegno, un po’ evocano William Kentridge. Lo so, è un uomo. Ma ingabbiare la Malani nel suo femminismo (che pur ne è l’indiscusso motore interiore) significherebbe, di nuovo, farle torto. E’ una sensibilità che viaggia plurale, come i simboli che maneggia.
Nalini Malani
Castello di Rivoli
Fino al 6 gennaio 2019
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