La storia di questa mostra, microscopica ma densissima e ospitata a Palazzo Te di Mantova, nasce dalla volontà di affiancare due versioni di Annunciazione dipinte da Tiziano: la più nota, quella della Scuola Grande di San Rocco, del 1538, e l’altra, conservata a Napoli nel Museo di San Rocco, di vent’anni successiva.
Le due opere sono talmente diverse da rendere difficoltosa la riconducibilità allo stesso artista: classica e cristallina la prima, più movimentata la seconda con la Madonna che sembra proteggere il grembo e l’angelo che cala con un’espressione rassicurante ma con delle ali insolitamente realistiche e predatorie. Questo dettaglio delle ali ha colpito Stefano Baia Curioni, direttore di Palazzo Te, che ha avviato il progetto di esporle entrambe per avviare una riflessione dapprima sul significato di questo salto naturalistico (sacralizzazione della natura o laicizzazione del sacro?) e poi sulle Annunciazioni in generale, individuandole come l’episodio biblico che nella sua concisione e novità lascia maggior spazio all’interprete che lo ritrae. Il Museo di Capodimonte si è reso disponibile al prestito a condizione che fosse varato un progetto più vasto.
E a Baia Curioni è venuto in mente di coinvolgere Gerhard Richter, che con il quadro di Tiziano del 1538 aveva un rapporto particolare, dato che a partire da una cartolina che lo riproduceva aveva sviluppato una serie di cinque tele. Richter aveva compiuto un’operazione abituale in musica ma non in pittura: non si era cimentato con un tema ma aveva dipinto una variazione del modo in cui quel tema era stato affrontato uno specifico artista. E così lo spettatore ha l’occasione (oltre che di godere entrambe le tele di Tiziano) di vedere affiancato al quadro di San Rocco una meravigliosa variazione di Richter.
L’influenza dell’Annunciazione è trasparente in altre opere esposte di Richter, ritratti di sua figlia e della sua compagna. E poi una manciata di suoi astratti sono presentati in quanto affini nella scomposizione del colore: ma qui entriamo, a mio parere, in una certa pretestuosità per giustificare il nome di Richter quale polo della mostra. Eccesso perdonabile, e anzi ammirevole, per quel che ha consentito di offrire al pubblico.
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