La ragazza della tipografia
Ha la bottega in fondo al vicolo
Ha inchiostro, liquido sorriso,
ha un buon carattere, ha caratteri
di piombo, ha il torchio a stella,
le labbra incise dalla nostalgia.
La ragazza della tipografia
Non è bella, come si dice: è un tipo
È tipometrica, ha fragile appetito
Porta la riga, composta è la sua linea,
è antica, ha amiche consonanti
margini bianchi se passa per la via.
La ragazza della tipografia
Al mattino ha spasimanti in fila
Stampano libri per starne in compagnia
Ha seni sodi, sguardo a pila,
come si chiama non rivela
gioca a nascondersi nell’omonimia.
La ragazza della tipografia
È cartesiana, crede a causa e affetto
Specie negli album per i matrimoni
(amo, dunque sono), nel Dio ingannatore,
è ecologista, ha lastre d’alluminio
ha sulla cellulosa la messaggeria.
La ragazza della tipografia
Si lustra gli occhi sopra ogni papiro
Stende tarocchi per la clientela
Prepara corsi di calligrafia
Spiega le lettere col ferro da stiro
Disegna mappe per le barche a vela.
La ragazza della tipografia
Non si lamenta per la recessione,
vive d’analogia e di precisione,
non se la prende con il fato ostile
cambia il listino ogni trenta aprile
veste da fata per l’epifania.
La ragazza della tipografia
Sottrae volumi dall’immondizia
Fa la raccolta differenziata
Divide l’incasso col mendicante
E gli racconta del suo fidanzato
Che è graffitaro al sottopasso.
La ragazza della tipografia
Sogna di essere rilegata
Come in un bondage editoriale
Umettata girando la pagina
D’un trattato d’orgasmo vaginale
Che non consulta per scaramanzia.
La ragazza della fotografia
Quando fa sera, ramazza l’angolo
Della strada, tira giù la serranda,
cammina random lungo le rotative
sino all’incrocio con la ferrovia
gira la chiave nella toppa
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