La tripla rivoluzione tecnologica, ovvero la combinazione di Internet, social network e smartphone, stravolge le abitudini sociali e le percezioni interiori con la stessa radicalità con cui l’avvento dell’automobile ridisegnò il paesaggio urbano.Anche chi ne pensa il peggio si trova ogni giorno di più immerso in un flusso digitale che rende quasi impossibile estraniarsene completamente: nemmeno la politica può prescinderne.I cyberottimisti ritengono anzi che si tratti del vendicatore destinato a fare strame dei regimi e delle burocrazie, delle caste privilegiate e dei segreti di stato.La semplicità con cui ricerche, comunicazioni, contatti, produzione di immagini che richiedevano ore, settimane, mesi e denaro si materializzano gratuitamente dopo pochi secondi in una schermata suggerisce che in qualsiasi campo i filtri e le sovrastrutture (gruppi, stati, agenzie, classi sociali ecc.) siano condannati alla medesima semplice obsolescenza e preannuncia la disgregazione dell’ordine sociale esistente. Specularmente, con profondo disagio, una combattiva schiera di nostalgici umanisti accusa il web di annientare le relazioni e l’intimità, di confondere il pubblico con il privato, il sonno con la veglia, le persone con gli oggetti.
Entrambe le prospettive hanno qualcosa di viziato. È certamente puerile ritenere che sia colpa del computer si chiudono tra quattro mura, oppure del telefonino se non guardano in faccia quelli che hanno di fronte: è un’inversione tra causa ed effetto. Sono le dinamiche sociali a imprimere la direzione alla tecnologia, anche se ovviamente, in un circuito autoalimentante, man mano che si sviluppa, la tecnologia rimodella la forma delle dinamiche sociali stesse. Le grandi invenzioni non sono il nuovo vicino di casa che, incidentalmente, ha scelto proprio l’appartamento a fianco al nostro per far casino fino all’alba e in questo modo ha cambiato la qualità delle nostre notti. Le invenzioni sono il vicino che ha fedelmente risposto a un’inserzione nella quale si richiedeva un profilo preciso per insediarsi nel condominio, e anzi divenirne l’amministratore. La ricerca scientifica si indirizza dove la reclamano i bisogni collettivi e la domanda di mercato. Ma per la stessa ragione le ITC, lungi da essere un fenomeno di rottura, sono la puntuale evoluzione del sistema sociale in cui sono stati prodotti, la democrazia occidentale dominata dal capitalismo liberista, nonché dei rapporti e delle attitudini che in questo si rispecchiano. Le tre esigenze che le tecnologie digitali erano chiamate ad appagare sono tuttora il rimedio all’indebolimento dei legami sociali, l’incremento della velocità e l’ampliamento della libertà privata.
- All’’indebolirsi del legame sociale Internet propose quale prima alternativa la costruzione di un’identità simulata. L’orientamento iniziale della Rete propendeva nettamente per una realtà virtuale, in grado di eccitare o riscattare sensi intorpiditi dalla monotonia e dalla solitudine dell’esistenza quotidiana. Alcuni psicologi, sorvolando ottimisticamente sullo sdoppiamento della personalità che ne derivava, ipotizzarono che le fantasie riversate in Rete potessero liberare l’identità profondamente autentica che era inibita nelle relazioni vere. Il travestimento digitale dell’avatar, tuttavia, sta rapidamente cedendo il passo all’utilizzo del web come spazio iper-reale, che ci consente di accedere a informazioni effettive con l’intento di utilizzarle. Quanto tempo avremmo vagato in città prima di trovare la minuscola via Rossini? Come avrei saputo che il Parker’s Hotel ha le camere rumorose? Quante telefonate a vuoto avrei dovuto fare per sapere quale biblioteca aveva il libro che cercavo? E quanto c’avrebbero messo gli studenti per buttare giù una ricerca? O gli avvocati per pescare una legge? E quando mai avrei guardato il video raro dei Velvet Underground? Con i motori di ricerca la Rete ha cominciato ad attirare, insieme a quelli che volevano scampare alla realtà, coloro che volevano farla funzionare con più efficienza. L’invenzione dei social network e degli smartphone ha inserito nel catalogo dell’efficienza anche i rapporti umani. Quando mai avrei ritrovato a distanza di vent’anni la compagna di scuola cui sbirciavo il tergo? O scoperto chi altro ama fare escursioni in moto lungo l’Appennino oppure odia alzarsi presto al mattino? O compulsato ossessivamente con gli sms il tragitto verso casa di una spasimata? Quand’anche fosse intimamente catartica la simulazione è pur sempre fasulla, con i limiti di gratificazione che ciò comporta. Grazie ai social network e agli smartphone, invece, irrompe un concentrato di persone reali, rovesciabile sullo schermo nella sua totalità oppure agevolmente riducibile al palmo della mano o tascabile. Sul piano dell’ebbrezza il passaggio dal digitale virtuale a quello iper-reale è come il passaggio dall’eroina alla cocaina. Un ottundimento di coscienza il primo, una scarica di adrenalina, il secondo: per giunta di durata autodeterminata e wireless-determinata e coincidente con la connessione, uno stato mentale di beatificazione opposto al nirvana basato sulla nozione dello stare in contatto, espressione che cela nella sfacciataggine della sua etimologia fisica lo sgombero del corpo altrui.
La costruzione e la conservazione di legami online, che in principio appaga coloro che più soffrivano la dispersione delle aggregazioni tradizionali, diventa per forza di cose la modalità relazionale predominante: anche coloro che non ne sentivano la necessità vi si trovano risucchiati poiché appare inurbano, oltre che sconveniente quando applicato al lavoro, lasciare inevasa la risposta a un sms, rifiutare un’amicizia su Facebook e più in generale interrompere la catena di Sant’Antonio della Grande Connessione. Per le nuove generazioni, che non hanno conosciuto le forme relazionali dell’età pre-digitale, è normale che la comunicazione tra amici si renda innocua diluendosi in cinquanta sms al giorno.
La risposta richiesta però il web la fornisce: l’individuo in Rete non è solitario, anzi. E non c’è una divisione netta tra la sua vita online e quella offline, dato che i legami praticati nell’una o nell’altra tendono parzialmente a convergere. E però il tipo di relazione umana che viene fuori dall’intreccio online/offline non ha nulla a che vedere con le vecchie identità parentali, di gruppo, di prossimità: il disinvestimento emotivo, il non attaccamento, la debolezza dei legami, il godimento in luogo della socialità, la centralità dell’Io, il narcisismo che avevano preso a modellare le aggregazioni dagli anni ottanta hanno ottenuto, grazie ai prodigi della tecnica, di essere scannerizzati e meglio diffusi.
- La velocità è il principio organizzativo per eccellenza tanto della modernità quanto del postmoderno. Esso proviene dall’economia, nella quale costituisce un elemento della crescita di produttività. L’enfasi sulla velocità fa sì che la velocità giusta sia sempre quella massima che la comunicazione tecnologica consente, innalzando progressivamente i ritmi produttivi e commerciali e rendendo marginali e perdenti coloro che non si adeguano. Travasato nella società, il principio prende a registrare la velocità di risposta a uno stimolo esterno come l’indice qualitativo degli oggetti e dei servizi. L’aumento delle opportunità fa che il singolo bene non debba possedere prevalentemente la qualità di essere godibile per se stesso ma anche quella di esserlo abbastanza velocemente per rendere fruibile il godimento di altri beni e di altre opportunità. La rivoluzione digitale, nell’accrescere l’informazione, azzera il superfluo nella scelta di ciò che vogliamo e introduce automatismi nei procedimenti decisionali. La congiunzione della velocità come valore economico e della velocità come valore sociale si realizza nel multitasking, la possibilità di gestire contemporaneamente più operazioni, sovrapponendone dunque i tempi complessivi e ottenendo così la migliore performance cui la velocità possa aspirare. La labile intimità del legame debole si concilia perfettamente con la velocità sovrapposta della sua gestione. La stessa presenza assente (o assenza presente) di colui che fa fronte nello stesso momento a occupazioni online e contatti fisici con soggetti diversi più che un dimezzamento spaziale è l’ininterrotta, fulminea velocità del passaggio dall’uno all’altro contesto.
- La libertà privata, etichetta di qualità del regime democratico e spinta propulsiva del consumismo e dell’ideologia liberista, è ovviamente la cliente primaria della tecnologia. Persino i due bisogni sociali che abbiamo indicato prima, la produzione di legami sociali deboli che emancipino da quelli più impegnativi e la velocità, sono strumenti al servizio della libertà privata. La Rete aiuta i produttori ad alleggerire i costi, spinge alcuni servizi verso una concorrenza più vasta e altri verso la gratuità, costringe ai margini le intermediazioni sulle vendite, rende condivise idee, materiali e conoscenza, ridimensiona il limite della distanza. La libertà dell’uomo accresce le sue opzioni e, facilitata nell’estrinsecarsi, diventa più concreta. È nelle premesse una libertà assoluta, priva da vincoli che aggredisce il tempo e lo spazio, smontando interdipendenze (mentre occultamente se ne ricompongono di nuove): per niente la culla della relazione che si vorrebbe lasciar intendere.
La Rete attua il perfezionamento tecnico delle esigenze che le preesistevano e attendevano la risorsa tecnica per consolidarsi quali tendenze sociali dominanti. La stessa idea della Rete non è originaria ma è la trasposizione collettiva di schemi che già sgomitavano alla fine degli anni Ottanta. La società reticolare comincia in quell’epoca e obbedisce, in origine, alla logica imprenditoriale che nelle reti, e nella loro flessibilità, contrasta ciò che la ostacola in quanto apparato produttivo: dalla sovranità alle istituzioni, dalla centralizzazione al territorio. La società reticolare crea la Rete e non il contrario. L’utopia politica sarebbe, con ottimismo marxista, fare della Rete l’apprendista stregone che riorganizza la società reticolare in termini di cittadinanza, partecipazione e ribaltamento dei cardini capitalistici. Per intanto è bene ricordare come i presupposti storici del web siano stati l’individualismo esasperato e il disincanto.
(da Cosa resta delle democrazia)
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